IL SILENZIO ECUMENICO

 

È importante provare a restituire la parola alle “urla dal silenzio”. Se si vuol incontrare la realtà lontano da luoghi comuni occorre provare ad ascoltare le sofferenze più acute che attraversano la nostra umanità ferita.

Spesso le religioni e le chiese non sono state in ascolto le une delle altre. Perché non hanno saputo cogliere i tempi del silenzio. Non siamo stati educati a stare in silenzio per accogliere la voce del divino che si fa presente nelle varie tradizioni religiose. Perfino tra cristiani di diverse confessioni non è facile ascoltarsi. Il rischio di una chiesa, per così dire, di “maggioranza sociale” come la nostra può essere quello di sentirsi più importante, più in vista delle altre. Eppure: solo se ci ascolteremo ci riconosceremo e, allora, ci “riconosceranno”. Il silenzio condiviso tra le religioni può tramutarsi in una profezia dello stupore della presenza del divino nel mondo, nella natura, nella storia dell’umanità. E il silenzio ecumenico dei cristiani è la risposta alle istanze evangeliche di cui siamo diventati responsabili.

Come risposta all’appello divino, può essere il luogo da cui rinascono una giustizia reciproca e un sogno di pace. Lo dice a chiare lettere papa Francesco nell’enciclica Omnes fratres: oggi, il perseguimento della pace impone un patto tra tutte le religioni.

Mons. Domenico Pompili

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