IL SILENZIO DEI MIGRANTI

 

È importante provare a restituire la parola alle “urla dal silenzio”. Se si vuol incontrare la realtà lontano da luoghi comuni occorre provare ad ascoltare le sofferenze più acute che attraversano la nostra umanità ferita.

Li vediamo alla mattina presto davanti alla Questura. Noi passiamo in macchina di fretta, e loro sono lì, in silenzio, che aspettano di essere “riconosciuti”. Avrebbero tante storie da raccontare, ma nessuno gliele chiede. Potrebbero dirci molte cose che non sappiamo, raccontarci molti viaggi che non abbiamo compiuto e rivelarci le tante ingiustizie e umiliazioni subite. Noi spesso siamo piegati dentro gli ingranaggi del nostro orologio del fare e dell’avere, de “il tempo è denaro”, e loro invece sono lì, diritti, figure regali piene di dignità. Spesso le donne migranti, che si prendono cura dei nostri vecchi, imparano a capire perfino il nostro dialetto, per rassicurarli durante la notte con un “tutto va bene”. Il loro silenzio custodisce quelle “contro-narrazioni” che non trovano spazio nella comunicazione dei media.

Il silenzio dei migranti può essere quello di una immensa biblioteca piena di sapienza che noi non siamo in grado di consultare o forse non lo vogliamo. Spesso il loro è un silenzio amaro, frutto di umiliazioni e di violenze. Non possiamo essere complici di chi zittisce la giustizia, umilia i diritti umani. Abbiamo il compito di gridare, rompere il silenzio omertoso, non possiamo essere complici di chi sfrutta donne e uomini condannandoli ad una vita disumana.


Mons. Domenico Pompili

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