IL SILENZIO DEGLI ADOLESCENTI

 

È importante provare a restituire la parola alle “urla dal silenzio”. Se si vuol incontrare la realtà lontano da luoghi comuni occorre provare ad ascoltare le sofferenze più acute che attraversano la nostra umanità ferita. 

Spesso diciamo che gli adolescenti sono distratti o rinchiusi nei loro loculi social. Non possiamo però non lasciarci interrogare dalle loro solitudini, dalla loro incomunicabilità.

Le statistiche raccontano dati drammatici su ragazzi che arrivano a togliersi la vita.

Il dramma del suicidio. Qualcuno dice che la causa sia che hanno perso il senso della vita: e se, invece, il senso della vita quei ragazzi ce l’hanno a dismisura, ma non sanno dove dargli casa, dove esprimerlo, dove investirlo? Non può sfuggirci che spesso a compiere questi gesti estremi non sono i più superficiali ma i più sensibili. Come se vedessero tutto il bene e il male del mondo, ma non sapessero prenderlo su di sé né, tanto meno, condividerlo. Bisognerebbe custodire la loro memoria perché diventi uno spazio prezioso di riflessione per i loro coetanei, un contributo per rileggere insieme il senso della vita. Su questo ci si deve interrogare come comunità politica, come scuola, come chiesa. Talora i ragazzi si infilano in un mondo parallelo, perché il nostro mondo non sempre li ospita, li capisce. Spesso stanno in silenzio perché non possiedono un alfabeto comunicativo. Non riescono a dare una voce ai loro sentimenti. E non di rado trovano anche in noi adulti degli “analfabeti” degli affetti. Una città, una comunità ecclesiale deve dare ospitalità ai loro silenzi, deve aiutarli a liberare i loro racconti. Non hanno bisogno di essere “distratti” ma di ri-prendere la parola. Solo se noi facciamo più silenzio le loro parole, talvolta soffocate, impaurite, potranno risuonare, insieme al loro canto, alla loro voglia di vivere.


Mons. Domenico Pompili

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