IL SILENZIO DEI VECCHI

 

Nel tempo di avvento ci lasceremo accompagnare da alcuni pensieri di Mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona, sul urlo del silenzio 

È importante provare a restituire la parola alle “urla dal silenzio”. Se si vuol incontrare la realtà lontano da luoghi comuni occorre provare ad ascoltare le sofferenze più acute che attraversano la nostra umanità ferita. 

Il silenzio dei vecchi. È come quello degli alberi della foresta, con il loro fusto rugoso, la corteccia che racconta il tempo. Il silenzio dei vecchi ha qualcosa di solenne, di essenziale. Non si perde più in chiacchiere, resta diritto che ci sia il sole o la pioggia. Qualche volta sembra un silenzio carico di nostalgia, altre volte di gratitudine. Il silenzio dei vecchi – si può dire anziani, ma vecchi è una parola più bella perché è più intensa, più vera – può raccontare le loro paure di non farcela, le loro fragilità. Spesso invecchiando ci si ammorbidisce un poco. Si ha voglia di essere abbracciati. E noi di abbracciare i nostri vecchi, come i bambini certe volte fanno con gli alberi. Il silenzio dei vecchi è triste quando è sinonimo di isolamento, di esclusione. Ma se il nostro diventa un silenzio ospitale, ecco che loro, i nostri vecchi, iniziano a raccontare. Ci fanno sentire parte di un “noi” che rischiamo di smarrire. Ci fanno sentire parte di una storia. Ci connettono alle nostre radici, con la profondità della terra. Una città dovrebbe essere attenta ai propri vecchi, quando fa le strade, le piazze, le panchine all’ombra, le biblioteche con i giornali da consultare con una lente vicina, per ingrandire le parole. Una comunità dovrebbe essere “gelosa” dei propri vecchi, come di un tesoro prezioso. Dovrebbe consultarli sulle “età della vita”.

 

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