L’ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI

 

Carissimi,

quando arriva il momento di recitare il credo avverto sempre il rischio che tutto quel testo, che contiene le verità fondamentali della nostra fede, scorra via senza che il cuore rifletta su quello che la bocca sta dicendo. Per questo a me piace avere sempre davanti a me il testo: leggere il credo, invece che recitarlo a memoria, mi aiuta a pensare a quello che sto proclamando.

Mi capita spesso di sentire espressioni tipo: «quella persona ha una grande fede» o «la mia fede è piccola». In realtà non esiste uno strumento che possa misurare la “quantità” di fede che ognuno di noi possiede; la recita del credo può essere un’occasione per interrogarci sulla capacità di fidarci di Dio. Quando recito il credo faccio diventare mia la richiesta che un giorno il padre di un ragazzo fece a Gesù: «Credo;  aiuta la mia incredulità!» (Mc 9, 24). Sono certo che così il Signore mi aiuterà a vedere ciò che è invisibile agli occhi.

Ma c’è un’altra domanda che ultimamente è entrata nel mio cuore. Un giorno il cardinal Angelo Scola ha ricordato ai giovani che il martirio, visti i fatti di cronaca che vedevano in quei giorni molti cristiani uccisi, non era più un fatto lontano e ha chiesto ai giovani se, in quel momento, sarebbero stati disposti a dare la vita per Gesù. Quella domanda si è stampata nella mia mente e riaffiora ogni volta che recito il credo. Per questo, tra la varie formule che la liturgia ci offre per dire la nostra fede, preferisco quella delle promesse battesimali che ci chiede di rispondere “Credo” alle domande circa le verità più importanti della nostra fede. Mi piace, perché è un invito a mettersi in gioco in prima persona, a decidere se vogliamo seguire il Signore fino in fondo.

 

Don Marco

 

 

 

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