IL VIRUS DEL PARROCO

 

Carissimi,

con l’espressione “virus del parroco” don Stefano indicava in modo scherzoso la tentazione dei parroci di dilungarsi nel dare gli avvisi.

È vero che qualche volta il momento in cui si ricordano gli appuntamenti della settimana rischia di sembrare una sorta di “consigli per gli acquisti” e tende a durare più dell’omelia, ma è anche vero che è bello mettere a conoscenza di tutti la ricchezza della vita della comunità.

Le indicazioni liturgiche impongono rigorosamente che gli avvisi vengano dati dopo l’orazione dopo la comunione, ma questo vorrebbe dire che le persone sono in piedi; è per questo che, a meno che siano davvero pochi, preferisco dare gli avvisi subito dopo la comunione, prima dell’orazione finale. Cerco nel limite del possibile di essere essenziale negli avvisi, rimandando il più possibile al foglietto “La voce della comunità”. Ma, forse, anche io sono già stato contagiato dal virus del parroco, così ogni domenica mi trovo a dire alcuni appuntamenti.

Non credo che questa sia una nota stonata rispetto alla celebrazione eucaristica. Uno slogan dice che la chiesa fa l’eucaristia e l’eucaristia fa la chiesa, e la vita della chiesa si manifesta nella vita pastorale della comunità.

Dare gli avvisi (nella massima sobrietà possibile) ha un profondo legame con la messa e una grande valenza spirituale: per prima cosa fa sapere a tutti che cosa accade in parrocchia facendo sentire i vari gruppi e le varie persone in comunione gli uni con gli altri.

Poi è un’occasione preziosa per invitare a partecipare, per sollecitare una presenza nel desiderio che molti possano cogliere le opportunità offerte con la speranza di vederci tutti uniti e coinvolti nel cammino di fede.

 

Don Marco

 

 

 

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