AVVENTO DALLA PARTE DI DIO

 

Noi guardiamo l’Avvento un po’ troppo dalla parte dell’uomo. Forse bisognerebbe guardarlo di più dalla parte di Dio. Mi spiego.

C’è una parola chiave che caratterizza quest’arco dell’anno liturgico ed è: attesa. È come una bambola russa: ad aprirla, cioè, ne trovi un’altra: vigilanza. Se apri anche questa, ci trovi dentro speranza. E così via…

È un gioco bellissimo di implicazioni e di esplicazioni, che ci fa vedere quanto sia esteso il fronte su cui deve esprimersi la nostra conversione in questo periodo che ci prepara al Natale. Attesa. Vigilanza. Speranza. Preghiera. Povertà. Penitenza. Conversione. Testimonianza. Solidarietà. Pace. Trasparenza.

Ma, con questa procedura, si rimane ancora un po’ troppo dalla parte dell’uomo.

Occorre allora guardare le cose anche dalla parte di Dio. Sì, perché anche in cielo comincia l’Avvento, il periodo dell’attesa. Qui sulla terra è l’uomo che attende il Signore. Nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell’uomo.

È una visione prospettica splendida, che ci fa recuperare una dimensione meno preoccupata degli aspetti morali della vita cristiana e più interessata a cogliere il disegno divino di salvezza.

Attese di comunione. Solidarietà con l’uomo. Bisogno di comunicargli la propria vita. Disponibilità a un perdono senza calcoli. Questi sono i sentimenti di Dio.

È impossibile non rifarsi alla tenerezza del Padre, alle sue sollecitudini, alle sue ansie per il ritorno a casa di ogni figlio. Viene in mente la parabola del figlio prodigo: ‘Mentre era ancora lontano, il padre lo vide’.

Di qui l’avvio della speranza in ognuno di noi. Coraggio! Di qui anche l’avvio dell’impegno. Che cosa fare per non deludere le attese del Signore? Quali sono le “opere delle tenebre” che bisogna gettare, e quali le “armi della luce” di cui bisogna rivestirsi? Non bisogna lasciarsi sfuggire l’occasione della concretezza.

Attingere a piene mani alla riserva utopica del Vangelo è l’unico realismo che oggi ci venga consentito.


don TONINO BELLO

 

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