MITE ED UMILE DI CUORE

Carissimi,

con questo terzo punto del nostro protocollo non toccherò, probabilmente, qualche aspetto concreto della vita di una parrocchia, ma suggerirò un atteggiamento del cuore che, inevitabilmente, si traduce anche in una dimensione pratica.

Torno ancora una volta a quel fatidico 23 febbraio 2020, giorno in cui ci siamo resi conto che il Covid-19 stava facendo irruzione non solo nella storia di uno stato lontano come la Cina, ma anche nella storia del nostro paese.

Dopo pochi giorni tutta l’Italia è diventata una grande zona rossa e, subito, ci siamo sentiti fragili e impotenti. Presto l’epidemia è diventata pandemia, raggiungendo tutto il nostro pianeta. L’uomo si è visto privato delle sue sicurezze; il senso di onnipotenza che con arroganza si stava facendo strada nel cuore dell’umanità ha subito una sconfitta; la scienza che ieri vantava di poter manipolare la vita oggi non ha ancora trovato una soluzione sicura. Tutto questo ci ha dato una grande lezione di umiltà. 

Nei giorni silenziosi della quarantena ho chiesto con insistenza il dono dell’umiltà richiamando spesso alla mente il versetto del salmo: «Bene per me se sono stato umiliato, perché impari i tuoi decreti». (Sal 119, 71)

Nel vangelo di Matteo Gesù ci suggerisce: «imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita». (Mt 11, 29). Nell’umiltà e nella mitezza troviamo la pace e la serenità! Ecco perché sogno una chiesa umile; ecco perché invoco per me e per tutti i cristiani il dono dell’umiltà.

Mi permetto, anche questa volta, di suggerire alcuni passaggi.

1. L’umiltà ci deve far abbandonare i toni arrabbiati della rivendicazione! Quante volte ho sentito in alcune riunioni (anche quelle dei preti) il tono del lamento e della protesta perché il mondo non capisce, non ascolta; perché gli “altri” sono lontani, sbagliano, non riconoscono il ruolo della chiesa. Difficilmente ho sentito pensieri che portassero ad un’autocritica. A volte, sembra che ci si preoccupi più di denunciare il male che non di annunciare il bene. Essere umili significa annunciare con gioia il Vangelo con la serenità di chi sa che sarà la Parola annunciata a correggere le strade sbagliate.

2. L’umiltà ci deve far abbandonare l’ansia della prestazione! Tanto volte ho sentito interventi mirati a mettere in evidenza il successo nell’aver dato vita a questa o a quell’altra iniziativa (di solito il criterio del successo è basato solo sul numero dei partecipanti). Nel tempo della quarantena i mezzi di comunicazione si sono riempiti di foto e immagini di chi mostrava con orgoglio con quanta originalità aveva saputo riempire il vuoto lasciato dall’impossibilità di celebrare...ovviamente con l’applauso di tutti e qualche immancabile selfie. Essere umili significa mettere la forza attraente di Gesù prima delle proprie capacità carismatiche, significa lasciare agire lo Spirito diventando docili e silenziosi strumenti nelle sue mani.

3. L’umiltà ci deve far abbandonare ogni logica di potere! Qualche volta capita che un cristiano si renda disponibile per assumere qualche ambito di servizio in parrocchia. Dopo qualche anno quell’ambito diventa il “suo” ambito; dopo qualche anno ancora si diventa così gelosi del proprio ambito di servizio che se soltanto il parroco osasse invitare un’ altra persona per far condividere quel servizio scoppierebbe la terza guerra mondiale...altro che pandemia! L’umiltà aiuta a mettersi a servizio dove e quando serve...niente di più...niente di meno! L’umiltà non ti rende padrone di un servizio, ma ti aiuta a condividere con altri un servizio e, se necessario, a lasciare spazio ad altri.

Nel giorno del Corpus Domini chiedo a Gesù presente nell’Eucaristia di insegnarci ad esser come Lui, miti e umili di cuore!
  

Don Marco

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