BENEDICIMI, PADRE

 

Carissimi,

nei miei primi anni di messa, quando ero a Busto Arsizio, ebbi modo di conoscere un vescovo di una diocesi del Brasile di origine italiana. Era in visita a dei parenti e si fermò qualche giorno presso la mia parrocchia. Ricordo che un giorno mi disse che la cosa che più invidiava al rito ambrosiano era la benedizione ai lettori tanto che decise di introdurre questo gesto anche nella sua diocesi.

Quando un lettore mi chiede la benedizione mi alzo in piedi perché sento tutta l’importanza e la solennità di quel gesto. Un sacerdote dona spesso la benedizione di Dio, invocando aiuto, protezione e grazie particolari su persone e situazioni. Il fatto di benedire chi deve proclamare la Parola durante la celebrazione Eucaristica mi ricorda che il lettore ha bisogno di una grazia speciale perché, per quella manciata di minuti in cui dovrà proclamare il brano della Sacra Scrittura proposto dalla liturgia, sarà strumento nelle mani di Dio, affinché la sua Parola giunga al cuore e alla mente delle persone.

Il lettore presta la sua voce alla Parola, lo fa per mandato della Chiesa, lo fa nel nome del Signore (“Leggi nel nome del Signore” - dice il Sacerdote) e intanto la Parola, mentre viene proclamata, già opera nei nostri cuori portando luce e salvezza. Mentre benedico il lettore, benedico anche Dio perché ancora oggi ci dona la sua Parola, parla con noi, fa udire la sua Voce.

Nel libro di Neemia così si racconta il momento della lettura del libro della legge di Mosè da parte di Esdra: «Come (Esdra) ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.  (Ne 8, 5-6)

 

Don Marco

 

 

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